Le otturazioni in amalgama sono costituite al 50% circa da mercurio e questo elemento tossico viene rilasciato, in quantità piccole ma continuamente ripetute, per tutta la durata clinica del restauro.
In questo video abbiamo utilizzato uno dei primi modelli di misuratori portatili per fumi di mercurio, il Bacharach MV-2, per dimostrare quanto facilmente si possono rilevare questi fumi anche con tecnologie disponibili da 3 decenni.
Per realizzare il video è stata utilizzata una otturazione in amalgama "vissuta", vecchia di almeno 15 anni, presente su di un dente estratto. L'emissione di fumi di mercurio viene misurata a riposo e dopo due comuni stimoli meccanici e termici.
Per chi fosse interessato ad approfondire le tematiche di ricerca sulla problematica del rilascio del mercurio dalle otturazioni in amalgama e sulla biologia dell'esposizione, assorbimento ed accumulo di questo metallo, nonché sugli aspetti di tossicologia, biochimica, approccio analitico e correlazione con patologia, mettiamo a disposizione la nostra biblioteca scientifica contenente attualmente quasi 5000 articoli full text. (Selezionare i titoli d'interesse dall'indice alla voce Bibliografia e poi inviare una mail tramite i contatti)
Per chi desidera invece un riassunto stringato e di facile lettura suggeriamo il seguente articolo, scaricabile in formato pdf.
Aspetti tossicologici del micromercurialismo indotto da otturazioni in amalgama - Dr Federico Ronchi
DOVE VA A FINIRE IL MERCURIO RILASCIATO
La principale via di assimilazione del mercurio liberato dalle otturazioni in amalgama è rappresentata dalla inalazione del vapore, il quale è in grado di diffondere, con una efficienza prossima al 100%, a livello del letto alveolare ed è complessivamente assorbito, tenuto conto degli spazi morti funzionali, nella misura del 80% per via polmonare.
La via intestinale, tipica delle forme organiche del mercurio, quale il metilmercurio contento nel pesce, non sembra essere particolarmente rilevante per l'assorbimento della forma metallica Hg0.
La dose di mercurio assorbita giornalmente, imputabile alle amalgame, è fortemente variabile da persona a persona e dipendente da numerosi fattori quali il numero di otturazioni nel cavo orale, la loro superficie complessiva e lo stile di vita. Esiste tuttavia il consenso nel ritenere che nel soggetto medio, con un numero medio di restauri, tale valore si attesti sui 10mg /die, con una variabilità individuale compresa fra 1.2 e 100 mg /die
Tali valori sono da paragonare con i dati forniti dall'OMS sull'esposizione della popolazione generale alle varie fonti di mercurio, da cui si evince che l'amalgama è la principale sorgente di questo elemento.
Numerose sperimentazioni effettuate sugli animali impiegando traccianti radioattivi ed attraverso indagini autoptiche in soggetti portatori di amalgame hanno permesso di definire precisamente le caratteristiche di accumulo del mercurio inorganico, il quale, essendo un metallo pesante, è solo parzialmente eliminato attraverso le urine e le feci e presenta una forte tendenza a depositarsi nei tessuti. La singola dose di 10 ug di mercurio in un giorno è irrilevante e viene smaltita nel tempo ma dosi anche molto piccole assunte tutti i giorni danno un'intossicazione tissutale rilevante. Oggi sappiamo dunque in che organi si accumula il mercurio e con quale velocità tende sia ad entrare sia ad uscire dal corpo umano. Esiste un modello matematico di simulazione della deposizione del mercurio nel corpo che permette di fare dei calcoli e prevedere andamenti biochimici.
Questo primo grafico indica una cosa fondamentale nella comprensione del perché il mercurio dell'amalgama rappresenti un problema. anche se la quantità che esce dall'otturazione quotidianamente è esigua: indipendentemente dal dosaggio a cui si è esposti la dinamica d'accumulo è sempre la medesima. Qualsiasi dose, se ripetuta costantemente nel tempo, porta ad un deposito cresente nei tessuti. Maggiore il tempo o maggiore la dose e più rapidamente si raggiungerà un determinato livello, ma il comportamento e la tendenza sono sempre uguali.
Questo secondo grafico è invece più complesso da leggere e interpretare e indica dopo quanto tempo e a quale quantitativo di accumulo si saturano i tessuti che ricevono il mercurio, smettendo di riceverne, quindi travasandolo ad altri compartimenti.
R1, R2, R3 ed R4 sono delle rappresentazioni matematiche di tessuti / forme di legame del mercurio. Per semplicità si può dire che R1 rappresenta il sangue ed R4 il tessuto nervoso.
I modelli multicompartimentali sviluppati permettono di sapere quanto è il mercurio totale depositato dopo un certo numero di giorni - mesi - anni. L'amalgama rappresenta una fonte di esposizione costante. Se si considera un'esposizione base di 30 mg /die, corrispondente, in media, alla quantità di mercurio assorbita da un individuo portatore di 12 superfici ricostruite in amalgama i primi tre compartimenti raggiungono l'equilibrio dopo 5, 100 e 300 giorni rispettivamente.
La situazione è invece critica nel quarto compartimento, che non raggiunge l'equilibrio prima dei 100.000 giorni (270 anni!) ed incomincia a presentare un flesso solo dopo 10.000 giorni (27 anni). Dai risultati si deduce che i primi tre compartimenti smettono di accumulare ulteriore mercurio dopo circa una settimana, tre mesi e mezzo e poco meno di un anno, mentre il quarto non si satura mai, determinando un crescendo continuo del contenuto totale corporeo.
Più rilevante però è la lettura inversa dei dati riassunti da questo grafico: la disintossicazione da mercurio una volta cessata l'esposizione si svolge al contrario. I compartimenti R1, R2 ed R3 hanno tempi di dimezzamento e detossificazione ragionevolmente rapidi mentre R4 impiega tempi molto lunghi a smaltire i depositi. Per dimezzare la quantità di mercurio presente in R4 (tessuto nervoso) sono necessari 21 anni.
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La distribuzione del mercurio ai tessuti del feto è un evento che normalmente dipende dalla preventiva esposizione della madre, anche se questa può in effetti essere piuttosto lontana nel tempo a causa della lunga emivita dell'elemento nei tessuti materni ed alla presenza di fenomeni di ridistribuzione. Diverse evidenze scientifiche dimostrano il passaggio del mercurio attraverso la barriera placentare, con modalità simili a quanto accade a livello della barriera ematoencefalica. Una di queste dimostrazioni è stata fornita da Vimy che ha monitorato in total body scan il passaggio verticale del mercurio in una pecora. I suoi risultati illustrano come i valori ematici del mercurio raggiungono un livello di picco nel sangue materno, nel liquido amniotico e nel sangue fetale dopo 48 ore dall'esecuzione di restauri in amalgama contenenti il tracciante radioattivo 203Hg nella dentatura della pecora e come tali livelli rimangano costantemente elevati per tutta la durata dell'esperimento, ossia 140 giorni. Valori di mercurio riportati dall'autore a fine esperimento sono stati di 4 ng/g per il sangue materno ed il liquido amniotico e 10 ng/g nel sangue fetale. Dall'insieme delle misurazioni comparative fatte a livello sperimentale nell'animale emerge, come era del resto prevedibile, che non tutte le forme chimiche del mercurio hanno la stessa capacità di attraversare la barriera placentare. Le due forme in assoluto più diffusibili sono il mercurio metallico ed il metil mercurio a causa della loro liposolubilità. Per quanto riguarda la forma elementare, ovvero il mercurio metallico Hg0, il superamento della barriera placentare coincide con la rapida ossidazione alla forma divalente e, parallelamente a ciò che avviene a livello del sistema nervoso, al sequestro tissutale determinato dall'impossibilità a retrodiffondere per la molecola ionizzata. La concentrazione totale del mercurio nel sangue del nascituro risulta pertanto superiore a quella misurata nel sangue materno. Poco si conosce degli effetti determinati dal mercurio sullo sviluppo fetale. Alcune ricerche di particolare interesse indicano l'esistenza di alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso già a basse concentrazioni di mercurio nei tessuti, a livelli paragonabili a quelle potenzialmente riscontrabili nel cervello di feti umani. Soederstroem ha dimostrato l'esistenza di alterazioni rilevanti nella distribuzione del NGF (Nerve Growth Factor) e dei suoi recettori p75 a bassa affinità e p140 ad alta affinità nei tessuti cerebrali di feti di ratti esposti ai vapori di mercurio. Simili anomalie biochimiche sono presenti già ad una concentrazione tissutale di mercurio pari a 4 ng/g.
FIG.1: Concentrazione media di Hg da amalgama dentale nel sangue materno (MB), sangue fetale (FB) e liquido amniotico (AF) nei 16 giorni successivi all'esecuzione di lavori in amalgama. Ogni puntino rappresenta la media di cinque animali.
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