Gli effetti delle correnti di corrosione all'interno del cavo orale sono ancor oggi oggetto di ricerca e non vi è una consenso scientifico circa il loro impatto e rilevanza. L'elemento più facilmente oggettivabile è proprio la corrosione stessa dell'elemento metallico meno nobile, condizione che comporta sia il degrado della struttura di provenienza sia il rilascio di prodotti di corrosione sotto forma di sali ionici e particolato.
Le sostanze corrose possono essere presenti nella saliva oppure migrare progressivamente nei tessuti, come dimostrato dall'esempio qui sopra. In questo caso si ha la formazione di un tatuaggio, espressione visiva di una metallosi diffusa che coinvolge il tessuto in tutto il suo spessore e non solo a livello superficiale. In questo il tatuaggio da metalli differisce da quello di tipo artistico, che invece è una deposizione unicamente a livello del derma.
Gli effetti sul tessuto possono essere di tipo locale, con azione citotossica sugli elementi cellulari oppure può esserci il coinvolgimento del sistema immunitario e quindi una reazione immunologica sia locale sia sistemica.
L'azione diretta della corrente elettrica sui tessuti e sulle cellule è meno conosciuta e difficile da identificare, slegata da quella chimica dovuta ai sali rilasciati nel processo. Esistono evidenze che alcuni tipi di lesioni lichenoidi siano in stretta correlazione con la presenza di correnti elettriche elevate, anche quando è invece negativa la risposta allergica al metallo coinvolto.
Da alcune nostre osservazioni sperimentali si è potuto constatare come alcune reazioni leuco ed eritroplasiche della mucosa fossero in relazione proprio alla zona di contatto con restauri metallici caratterizzati da correnti galvaniche elevate. E' pratica clinica cercare, in presenza di questo genere di lesioni, fattori locali d'irritazioni che possono incidere sullo stato di salute della mucosa; tipicamente restauri incongrui, protesi con asperità o ruvidità ed elementi dentali rotti o taglienti. Nei casi osservati non si sono riscontrati elementi meccanici di traumatismo ripetuto bensì appunto effetti elettrogalvanici. Nella maggior parte dei casi l'eliminazione del restauro metallico ha permesso la regressione spontanea della lesione.
Dal 1997 ci siamo occupati di sviluppare e perfezionare una serie di accorgimenti tecnici che permettesse di mettere in pratica quanto enunciato nella sezione " criteri operativi per la rimozione amalgama" e di creare un protocollo semplice ed efficace. Il punto di partenza è stato munirci di adeguati misuratori analitici per fumi di mercurio e poi procedere a testare le varie idee e procedure proposte in giro per il mondo da chi si occupa di odontoiatria biologica. Alla fine sono stati mantenuti solamente i passaggi di comprovata efficacia ed abbiamo diretto gli sforzi sulla progettazione di un sistema di contenimento ambientale che permettesse un confinamento totale della zona di lavoro.
Il campo di lavoro viene isolato tramite la diga di gomma, la quale provvede a separare la cavità orale dal dente su cui si lavora. La zona di lavoro viene ulteriormente definita e confinata tramite una cappa aspirante che viene sovrapposta alla diga. I due tubi di aspirazione, collegati con un impianto mosso da un motore da 1500W, permettono di creare una notevole depressione d’aria nella zona operativa. Il flusso d’aria spazza la superficie della diga ed evita che venga generata una nuvola di vapori incontrollata. Il naso del paziente si trova al di fuori della zona di lavoro: la misurazione della concentrazioni di vapori all’altezza della narice rimane fissa a 0.00 mg/m3 per tutta la fase di lavoro.
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Il primo passaggio è l'isolamento del dente su cui lavorare dal resto della bocca. A questo scopo viene normalmente utilizzato un foglio di polimero noto come diga di gomma.
Nelle prove sperimentali abbiamo tuttavia riscontrato che la normale diga di gomma, realizzata in lattice, è parzialmente porosa al mercurio e permette un certo grado di passaggio per diffusione. Per questo motivo abbiamo ricercato dei materiali completamete impermeabili, trovando che il più idoneo e versatile è il silicone usato per le dighe anallergiche.
L'enucleazione dell’amalgama viene effettuata tramite una fresa al carburo di tungsteno. Questo genere di frese, a differenza di quelle ricoperte da particelle diamantate, permette un taglio con una temperatura bassa al punto di contatto.
Il raffreddamento della fresa è fondamentale per evitare la trasmissione di calore all'amalgama e l'aumento di vaporizzazione del mercurio. Idealmente sono da preferire manipoli con 4 getti di raffreddamento, che raggiungono efficacemente ogni lato della fresa.
A livello sperimentale si può verificare che i getti d'acqua siano efficaci e che la temperatura sia sempre sotto controllo. Nelle nostre prove abbiamo monitorato l'effetto raffreddante dei getti d'acqua mediante sonde termometriche digitali e datalogging computerizzato
La misurazione, mediante un apposito microamperometro digitale, delle correnti elettriche endorali relative ad ogni corpo metallico presente nella bocca può fornire un criterio guida per la rimozione sequenziale delle amalgame o di altri metalli che influiscono negativamente sul terreno biologico.
La rimozione dell'otturazione avviene mediante "disincastonamento" dell'amagama. Per sua natura questo materiale è trattenuto da sottosquadri nelle pareti della cavità nel dente e non grazie ad un legame adesivo con il dente stesso. Con la fresa è possibile liberare i fianchi dell'otturazione dai vincoli che la trattengono e quindi renderla mobilizzabile in blocco.
L'intera amalgama può quindi essere sganciata dal dente con delle leve miniaturizzate da inserire tra dente ed otturazione e rimossa in un pezzo unico.
L'intera operazione avviene sotto forte aspirazione locale e volumetrica, all'interno di uno spazio confinato determinato posteriormente dalla diga ed anteriormente dalla cappa aspirante appositamente progettata per lo scopo.
La rimozione dell’amalgama avviene per sezione lungo l’interfaccia tra otturazione e dente e mai per usura del restauro.Tutta l’operazione viene effettuata sotto costante irrigazione e raffreddamento ad acqua della fresa.
Durante la rimozione una cannula di ampio diametro, con punta tagliata a 45°, viene mantenuta in contatto con il fianco del dente al fine di creare una forte aspirazione localizzata sul dente.
Il restauro così svincolato dalle pareti e dai sottosquadri viene enucleato impiegando dei grossi escavatori quali leve. Il blocco di amalgama estratto dalla cavità viene quindi raccolto e stoccato in immersione sotto acqua e smaltito come rifiuto tossico nocivo, come prevedono le norme vigenti.
Al termine della procedura il campo di lavoro viene lavato abbondantemente con getto aria-acqua prima di rimuovere la cannula di aspirazione.
Le otturazioni in amalgama vengono sostituiti con restauri diretti o intarsi realizzati in DiamondCrown, un materiale composito di ultima generazione dotato di ottime caratteristiche biologiche e meccaniche. Il DiamondCrown è costituito da un polimero PEX altamente purificato, di grado medicale, derivato dalle tecnologie implantari ortopediche.
Il suo riempitivo è una vetroceramica di grado elettronico priva di metalli o impurità. Il materiale non presenta alcun tipo di citotossità o reattività biologica. La sua resistenza DTS è superiore a quella del dente naturale ed il suo livello di abrasione è 5 um/anno come lo smalto.
La tecnica restaurativa adesiva permette di ricostituire l’integrità strutturale del dente, precedentemente interrotta dal blocco di amalgama passivamente trattenuto dalla cavità.
Un sistema di separazione per l’amalgama, inserito sulla linea dell’aspirazione chirurgica, provvede a precipitare eventuali particelle o blocchi di amalgama aspirati e a mantenerli segregati sott’acqua all’interno di appositi contenitori.
Questo protocollo di rimozione è stato ripetutamente testato ed affinato. Nella versione così presentata garantisce all’operatore e all’ambiente di lavoro un livello di esposizione non rilevabile (<0.00 mg/m3) . Lo stesso livello di sicurezza è stato riscontrato per quanto riguarda l’aria inalata dal paziente ed il campo di lavoro in genere.
Le misurazioni sono state fatte con un MV-2 Bacharach a fine anni '90, con un Arizona Jerome 410 nel 2006 e recentemente con un LECO AMA 254.
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