Mercurio rilasciato dall'amalgama

Il problema del mercurio nella composizione dell'amalgama dentale è stato minimizzato e negato per moltissimo tempo e la posizione ufficiale dei dentisti e delle associazioni di categoria è sempre stata quella di negare che ci fosse un rilascio di mercurio dal materiale. Negli anni '80 una serie di sperimentazioni fatte misurando direttamente in bocca le concentrazioni di fumi di mercurio nei pazienti portatori di questo genere di restauri ha definitivamente confutato la tesi dell'assenza di rilascio. Nei nostri esperimenti abbiamo cercato di rendere più facilmente apprezzabili queste emissioni mediante una tecnica di visualizzazione ad ultravioletti del mercurio.

 

 Hg OcchioNudo02

 

Per realizzare questo video è stato impiegato un dente estratto completo di un restauro in amalgama vecchio di almeno 20 anni. Si è scelto di utilizzare appositamente un'otturazione "vissuta" proprio per dmostrare come il mercurio sia ancora in grado di superficializzare e formare fumi anche dopo anni di invecchiamento e dispersione. In luce normale ed in condizioni di riposo non è apprezzabile il rilascio di mercurio, ma basta una breve spazzolamento della superficie con una spazzola per destabilizzare la fase gamma e causare un continuo e persistente rilascio di vapori. Sebbene la stimolazione non sia propriamente fisiologica, l’instabilità del materiale ed il rilascio di mercurio sono palesi. Il filmato serve per avere una sensazione qualitativa di ciò che succede in bocca mentre l'approccio quantitativo e scientificamente corretto richiede misurazioni di tipo analitiche (vedi sotto).

 

Hg OcchioNudo03
 


Questo filmato prende in esame un altro tipo di stimolazione a cui le otturazioni in amalgama sono esposte cioé quella termica. Il dente con vecchia otturazione viene in questo caso immerso in acqua calda, proveniente da un comune bollitore per caffè ed infusi. La quantità di mercurio sprigionata dipende direttamente dalla temperatura raggiunta dall’otturazione e dal tempo di immersione nell’acqua. Anche in questo caso la produzione di fumi si protrae nel tempo.


Il fenomeno del rilascio del mercurio dalle otturazioni in amalgama non dipende dalla corrosione del materiale bensì da un fenomeno di tipo chimico-fisico. Quando il materiale viene formato miscelando assieme il mercurio e la lega d'argento-stagno-rame, il mercurio è sempre in leggero eccesso rispetto alla polvere, perché deve essere in grado di bagnare tutte le particelle solide. Nel giro di alcuni minuti si iniziano a formare dei cristalli di una nuova lega, contenente appunto mercurio. Appena formati, questi cristalli presentano una struttura molecolare non ottimizzata ed incorporano molto mercurio. Nei mesi e negli anni successivi al posizionamento dell'otturazione nel dente si assiste progressivamente ad un fenomeno di evoluzione e maturazione della struttura cristallina, che diventa più compatta e ha bisogno di meno mercurio quale legante. Una quota di mercurio si sgancia quindi dal reticolo cristallino e va ad aggiungersi al mercurio non legato già presente in origine nel materiale. Questa quota di mercurio è in grado di muoversi liberamente nel metallo ed emergere sulla superficie dell'amalgama come l'acqua emerge attraverso il terreno a formare l'oasi.

Otturazioni01

 

La foto mostra un'otturazione in amalgama la cui superficie è stata detersa e poi fotografata con un microscopio metallografico a contrasto di fase per documentare la comparsa di microgocce di mercurio. Queste gocce di mercurio, a 37 °C, evaporano formando vapori di mercurio direttamente all'interno della bocca. La presenza e la concentrazione di questi fumi di mercurio può essere rilevata in modo abbastanza semplice all'interno del cavo orale di portatori d'amalgama utilizzando degli appositi strumenti analitici per la misurazione del mercurio in forma gassosa. Tali sperimentazioni sono inziate negli anni '80 ed hanno fornito precise indicazioni sulle quantità di mercurio rilasciato e sui fattori che aumentano la liberazione di fumi. Alcuni ricercatori si sono inizialmente concentrati sul misurare il mercurio nell'aria espirata ma si è presto passati a valutazioni più puntuali andando a campionare direttamente l'aria presente nel cavo orale.

Nel primo documento ufficiale dell'OMS sul mercurio inorganico nel 1991 furono riassunti e consolidati alcuni dati che vale la pena esaminare ancora oggi, dato che il comportamento delle otturazioni in amalgama in bocca ai pazienti è sempre il medesimo. In particolare sono pietre miliari i lavori di Svare, che dimostrò come i vapori di mercurio sono sempre presenti nella bocca di portatori d'amalgama, anche in condizioni di non-stimolazione delle superfici dei restauri e come tali concentrazioni si impennano rapidamente appena si inizia a sollecitare l'otturazione, per esempio masticandoci sopra.

 

svare3

 

Altri lavori fondamentali citati nel rapporto OMS sono quelli di Vimy e Lorscheide, i quali riuscirono a mappare accuratamente il comportamento delle otturazioni in amalgama dalla condizione di riposo a quella di stimolo masticatorio e poi il rientro in condizioni basali. Dai loro studi emerge chiaramente come la concentrazioni di mercurio intraorale diventi significativa dopo pochi minuti di masticazione e raggiunga un livello innalzato stabile. Terminato (al 30° minuto) lo stimolo masticatorio, le concentrazioni di mercurio iniziano a decrescere ma impiegano 90 minuti a ritornare al livello di partenza.

    Vimy graph

 

Se si considera che questo fenomeno accade almeno 3 volte al giorno per i pasti principali ma anche in occasione di altre stimolazioni quali l'assunzione di cibi / bevande calde e lo spazzolamento dei denti risulta evidente come l'emissione accentuata di fumi non sia un evento raro.

 

FATTORI CHE ESACERBANO IL RILASCIO DI MERCURIO DALLE OTTURAZIONI

Tutte le forme di stimolazione che apportano energia al reticolo cristallino dell'amalgama favoriscono il movimento e la liberazione del mercurio libero; l'energia può essere fornita sotto forma di rialzo termico oppure di lavoro meccanico sulla superficie dell'otturazione. Tra gli elementi comuni e ben documentati possiamo citare:

  • Forze pressorie - La masticazione in genere , di qualsiasi cibo
  • Aumento della temperatura intraorale  - Cibi e bevande calde, il fumo
  • Spazzolamento  - Con lo spazzolino o lucidatura professionale, detartrasi  
  • Cibi acidi    
  • Bruxismo e masticazione prolungata di chewing-gum
  • Campi elettromagnetici ad alta intensità o in alta frequenza

 

QUANTO MERCURIO ESCE DALLE OTTURAZIONI?

La storica difesa dell'amalgama da parte del settore odontoiatrico si è nel tempo spostata dalla totale negazione del rilascio di mercurio ad una posizione più realistica in cui viene ammessa la dispersione ma minimizzato il suo significato in termini quantitativi e, ancora di più, in termini di effetti sulla salute in generale. I valori riportati nel report OMS del 1991 sono tuttora validi ed il livello d'esposizione su cui esiste un consenso internazionale è di circa

10 - 12 µg / die

 

per un soggetto "medio", portatore di 4- 5 restauri in amalgama di medie dimensioni. Si ritiene inoltre che tale valore oscilli dallo 0 dei soggetti senza amalgama fino a 20-25 ug in soggetti con più di 5 otturazioni. Il livello d'esposzione può però raggiungere i 100 ug in soggetti che, tramite stimolazioni continuative tipo la masticazione di chewing gum o il fumo, attivino continuamente la superficie dell'otturazione.

Questi livelli di esposizione possono essere confrontati con le altre fonti d'esposizione a cui è sottoposto il "soggetto medio", privo di contatti di tipo professionale con questa sostanza.

 

Otturazioni002

 

Come si nota dalla tabella l'altra fonte d'esposizione significativa per la popolazione generale è il consumo di pesce, che tipicamente apporta mercurio in una forma chimica completamente diversa da quella delle otturazioni in amalgama. In questo caso trattasi di mercurio metilato, ossia di una forma organica di mercurio che viene formato da alghe e batteri a partire da forme inorganiche e poi entra nella catena alimentare. Da ricordare in questa sede che il mercurio è un metallo pesante che si deposita nei tessuti e vi rimane per lungo tempo. Per questo motivo i pesci longevi e di grande taglia sono sempre molto più inquinati di mercurio. In area mediterranea il tonno e lo spada contengono attualmente livelli inquietanti di questo metallo. Uteriori informazioni sul mercurio nel pesce e sulle limitazioni al consumo umano sono disponibili sul sito della FDA americana. 

 

{loadnavigation}

 

Diagnostica 3D

La diagnostica radiologica moderna permette di acquisire volumi tridimensionali del distretto facciale ed elaborarli attraverso sofisticati software di imaging.

 

 

Grazie alla tecnologia Cone Beam é possibile fare tutto ciò con una frazione dell'esposizione normalmente necessaria per una TAC tradizionale e molto simile a quella che qualche anno fa era necessaria per una classica radiografia su pellicola. 

I vantaggi diagnostici di avere a disposizione un volume 3D anzichè una proiezione su lastra piana bidimensionale sono numerosi ed enormi e vanno dalla diagnostica fine delle lesioni granulomatose ed a carico dell'osso alla progettazione computerizzata di interventi di implantologia. 

 

 

 

 

Cosa sono i denti devitali e perché si devitalizza


I denti devitalizzati rappresentano, dopo le otturazioni in amalgama, l’argomento più controverso e di difficile gestione in odontoiatria biologica ed anche uno dei massimi punti di divergenza clinica rispetto all’odontoiatria tradizionale.

Per poter meglio comprendere quali sono i motivi della diversità di vedute occorre fare un passo indietro ed analizzare in che cosa consiste effettivamente una devitalizzazione, in quali casi è richiesta e come viene effettuata.

Il termine devitalizzazione fa riferimento all’eliminazione della ‘vita’ dall’elemento dentale è questo ha un suono quantomeno sinistro. Da un punto di vista tecnico ciò si realizza attraverso l’amputazione del contenuto di tessuto all’interno del dente, ovvero l’asportazione della polpa dentale contenente il sistema vascolare e nervoso che alimenta ed innerva l’elemento dentale stesso. Questo genere di operazione presuppone che il dente sia effettivamente vitale ed integro.

 

Ciò che più frequentemente accade nella pratica clinica è invece che il processo carioso, scavando attraverso lo smalto e poi invadendo progressivamente la dentina, trasporti batteri patogeni all’interno della struttura del dente.

Quando la carie è tanto profonda da approssimarsi alla zona centrale contenente la polpa (il cosiddetto “nervo”), i batteri e le tossine batteriche invadono questo tessuto e ne causano prima un infiammazione e poi un infezione. Tali processi tendono rapidamente a diventare irreversibili per due motivi fondamentali: la carie è un varco che non si chiude e l’infezione della polpa, una volta iniziata, non ha modo di essere combattuta. L’infiammazione della polpa crea un aumento volumetrico e quindi, come in qualsiasi altro tessuto, una tendenza al rigonfiamento che però, all’interno di un dente dalle pareti rigide e inestensibili, non può trovare spazio di sfogo. Il gonfiore causa quindi uno stato di auto strozzamento della polpa che impedisce l’afflusso di sangue, causa il dolore pulsante acuto ed, in ultima analisi, causa la morte dei tessuti per carenza di irrorazione. Dopo la pulpite (infiammazione della polpa) i tessuti degenerano quindi rapidamente in uno stato di necrosi ovvero, per dire le cose in modo diretto ed immediatamente comprensibile, diventano carne in putrefazione.  Il dente ‘morto’ è quindi una sorta di scatola minerale ripiena di carne marcia, infestata da batteri della decomposizione, che disperde, tramite il foro d’ingresso in fondo ad ogni radice, batteri e tossine verso l’osso circostante e, alla lunga, verso tutto l’organismo.

Il dente in questo caso è stato ‘ucciso’ dal processo batterico e non, come si crede,  dal dentista.

Non esiste alcun dibattito o dubbio clinico circa il fatto che una simile carica settica sia malsana e richieda un qualche genere di intervento terapeutico.

Le soluzioni tecniche possibili per bonificare l’importante lo stato di infezione del dente morto sono solo due: quella radicale di estrarre il dente e quella conservativa di ‘mummificarlo’ ripulendolo il meglio possibile da tutto il contenuto di materiale organico in decomposizione. 

radici e canali

In questo secondo caso non si parla più di devitalizzazione (il dente è già ampiamente morto!) bensì di terapia o pulizia canalare.

 

{loadnavigation}