SISTEMI MULTICOMPARTIMENTALI DI ACCUMULO DEL MERCURIO
Numerose sperimentazioni effettuate sugli animali impiegando traccianti radioattivi ed attraverso indagini autoptiche in soggetti portatori di amalgame hanno permesso di definire precisamente le caratteristiche di accumulo del mercurio inorganico, il quale, essendo un metallo pesante, è solo parzialmente eliminato attraverso le urine e le feci e presenta una forte tendenza a depositarsi nei tessuti
Quantità totale di mercurio depositato nei tessuti nel tempo ad esposizione costante, pur in presenza di eliminazione urinaria e fecale
I modelli multicompartimentali sviluppati permettono di sapere quanto è il mercurio totale depositato dopo un certo numero di giorni - mesi - anni. L'amalgama rappresenta una fonte di esposizione costante La singola dose di 10 ug di mercurio in un giorno è irrilevante e viene smaltita. Dosi anche molto piccole assunte tutti i giorni danno una intossicazione tissutale rilevante.Se si considera una esposizione base di 30 mg /die, corrispondente, in media, alla quantità di mercurio assorbita da un individuo portatore di 12 superfici ricostruite in amalgama i primi tre compartimenti raggiungono l'equilibrio dopo 5, 100 e 300 giorni rispettivamente.
La situazione é invece critica nel quarto compartimento, che non raggiunge l'equilibrio prima dei 100000 giorni (270 anni !) ed incomincia a presentare un flesso solo dopo 10000 giorni (27 anni). Dai risultati si deduce che i primi tre compartimenti smettono di accumulare ulteriore mercurio dopo circa una settimana, tre mesi e mezzo e poco meno di un anno, mentre il quarto non si satura mai, determinando un crescendo continuo del contenuto totale corporeo. Lo stesso vale per la disintossicazione da mercurio una volta cessata l'esposizione. I compartimenti R1, R2 ed R3 hanno tempi di dimezzamento ragionevolmente rapidi mentre R4 impiega tempi molto lunghi a smaltire i depositi.
INTOSSICAZIONE INDIRETTA DEL FETO.
La distribuzione del mercurio ai tessuti del feto é un evento che normalmente dipende dalla preventiva esposizione della madre, anche se questa può in effetti essere piuttosto lontana nel tempo a causa della lunga emivita dell'elemento nei tessuti materni ed alla presenza di fenomeni di ridistribuzione. Diverse evidenze scientifiche dimostrano il passaggio del mercurio attraverso la barriera placentare, con modalità simili a quanto accade a livello della barriera ematoencefalica.
Una di queste dimostrazioni é stata fornita da Vimy che ha monitorato in total body scan il passaggio verticale del mercurio in una pecora. I suoi risultati illustrano come i valori ematici del mercurio raggiungono un livello di picco nel sangue materno, nel liquido amniotico e nel sangue fetale dopo 48 ore dall'esecuzione di restauri in amalgama contenenti il tracciante radioattivo 203Hg nella dentatura della pecora e come tali livelli rimangano costantemente elevati per tutta la durata dell'esperimento, ovvero 140 giorni (29)
Valori di mercurio riportati dall'autore a fine esperimento sono stati di 4 ng/g per il sangue materno ed il liquido amniotico e 10 ng/g nel sangue fetale.
Dall'insieme delle misurazioni comparative fatte a livello sperimentale nell'animale emerge, come del resto prevedibile, che non tutte le forme chimiche del mercurio hanno la stessa capacità di attraversare la barriera placentare. Le due forme in assoluto più diffusibili sono il mercurio metallico ed il metil mercurio a causa della loro liposolubilità. Per quanto riguarda la forma elementare, ovvero il mercurio metallico Hg0, il superamento della barriera placentare coincide con la rapida ossidazione alla forma divalente e, parallelamente a ciò che avviene a livello del sistema nervoso, al sequestro tissutale determinato dalla impossibilità a retrodiffondere per la molecola ionizzata.
La concentrazione totale del mercurio nel sangue del nascituro risulta pertanto superiore a quello misurata nel sangue materno (11)
Poco è noto su gli effetti determinati dal mercurio sullo sviluppo fetale. Alcune ricerche di particolare interesse indicano l'esistenza di alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso già a basse concentrazioni di mercurio nei tessuti, a livelli paragonabili a quelle potenzialmente riscontrabili nel cervello di feti umani. Soederstroem ha dimostrato l'esistenza di alterazioni rilevanti nella distribuzione del NGF (Nerve Growth Factor) e dei sui recettori p75 a bassa affinità e p140 ad alta affinità nei tessuti cerebrali di feti di ratti esposti ai vapori di mercurio (22). Simili anomalie biochimiche sono presenti già ad una concentrazione tissutale di mercurio pari a 4 ng/g
FIG.1: Average concentration of Hg from dental amalgam in maternal bloom (MB), fetal blood (FB), and amniotic fluid (AF) for 16 days after amalgam placement. Each point representrs mean of 5 animals
L'azione di una fresa su di un'otturazione in amalgama produce molta polvere di lega metallica ed una grande quantità di vapori di mercurio. Sono proprio i fumi il principale problema, per la loro naturale tendenza ad espandersi e diffondersi nell'ambiente. Ciò implica che, al pari dei fumi provenienti da una ciminiera, si avrà una zona prossima al punto in cui vengono formati i vapori dove essi sono molto concentrati e occupano un piccolo volume. Man mano che ci si allontana dal punto d'origine si assisterà invece alla progressiva diminuzione di concentrazione e dispersione ma anche all'allargarsi della fumata.
Per confinare e contenere i fumi di mercurio occorre dunque intervenire in prossimità del punto d'emissione. Più ci si allontana dalla sorgente e maggiore sarà il volume d'aria contaminato e, quindi, la difficoltà di rimozione ed eliminazione.
Fresare le vecchie otturazioni in amalgama produce anche una significativa quantità di polvere, molto più facilmente apprezzabile che non i fumi dato che risulta chiaramente visibile.
La polvere è molto più facilmente confinabile dei fumi ed in realtà costituisce un problema piuttosto contenuto dato che il mercurio metallico, ed ancor di più la lega d'amalgama in stato solido, non è assorbibile attraverso le mucose orali o intestinali. Per evitare quindi una contaminazione con polveri bastano banali dispositivi che facciano da barriera e copertura della zona di lavoro.
Nel ragionare una serie di misure protettive finalizzate ad evitare l'esposizione al mercurio durante le procedure di rimozione e sostituzione amalgama occorre focalizzarsi sulla causa principale di produzione di fumi di mercurio, cioè l'effetto termico dovuto all'attrito meccanico tra la fresa e l'amalgama. Il mercurio infatti è l'unico metallo già liquido a temperatura ambiente ed anche a temperature relativamente modeste va in evaporazione formando fumi volatili densi.
La precedente immagine è presa da filmati realizzati durante i nostri studi sperimentali sul comportamento dei fumi di mercurio nell'aria e la visualizzazione diretta delle emissioni mediante tecniche che sfruttano l'assorbimento atomico degli ultravioletti. Nel caso specifico si vede la produzione di una fumata di mercurio da parte di un dente con otturazione in amalgama dopo che la superficie è stata sollecitata meccanicamente tramite spazzolamento. Durante il fresaggio dell'amalgama con strumenti abrasivi l'emissione è centinaia di volte più intensa.
Quindi i criteri teorici fondamentali per rimuovere in sicurezza delle otturazioni in amalgama sono in buona sostanza tre:
Generare meno fumi possibile
|
Confinare ciò che si genera
|
Portare via i fumi il più vicino possibile all’origine
|
Per raggiungere tali obiettivi da un punto di vista pratico nel 2001 il gruppo di lavoro dell'Accademia Internazionale Odontoiatria Biologica raggruppò una serie di suggerimenti generali per ispirare i protocolli di rimozione protetta messi in opera dai singoli dentisti.
{loadnavigation}
Questo sito utilizza i cookies per migliorare la tua navigazione. Puoi dare il consenso secondo la nostra informativa sulla privacy Privacy Policy